Un nuovo dialogo con le istituzioni per rimettere al centro la competitività italiana

Intervista a Matteo Marini, presidente di Anie Energia a cura di Emanuele Martinelli e Marta Mazzanti (Energia Media)

Presidente Marini, trova sia utopico parlare oggi d’industria, sostenibilità, piattaforma integrata e innovazione per il Paese secondo gli obiettivi fissati al 2050? È possibile rimettere al centro una nuova politica industriale attraverso un dialogo più proficuo con le istituzioni?

Il mio atteggiamento nei confronti di queste tematiche non può che essere positivo. Nella realizzazione di questi obiettivi tuttavia, ci troviamo costretti a scontrarci con alcune variabili particolarmente complesse; in primis l’assenza di un interlocutore politico chiaro e stabile sul lungo periodo a cui rivolgere le nostre istanze.

A questo si aggiungono innegabili difficoltà di mercato, la situazione a oggi come risaputo non è tra le più rosee, ma si avverte, tra tutte le 12 associazioni di Federazione ANIE, il forte desiderio di far valere e mantenere nel tempo un alto livello di ricettività verso un mercato in evoluzione, continuando a investire in Ricerca e Sviluppo.

Ogni anno infatti la Federazione investe il 4% del proprio fatturato (pari a 70 miliardi circa) in ricerca, per incentivare il più possibile la creazione e l’accrescimento della filiera.

È chiaro a tutti che l’industria italiana ha, oggi più che mai, la necessità di trasformarsi, e ha tutte le caratteristiche per farlo, ma perché questo si verifichi c’è bisogno di un supporto e di un progetto chiaro.

A cambiare, in questi ultimi anni sono state anche le dinamiche concorrenziali, per cui il Paese non può pensare di essere competitivo solo sul costo del lavoro; basti pensare che molte aziende dopo la battuta d’arresto del 2009, sono riuscite a tornare ai livelli di produzione ante crisi, risultato possibile solamente rivolgendosi all’estero per l’acquisto di materie prime o di semilavorati.

Dobbiamo prendere atto del fatto che l’industria italiana come l’abbiamo intesa fino ad ora non può aver un gran respiro, e la causa è da ricercarsi più nelle nuove dinamiche di mercato che nella situazione politica.

Un gruppo di aziende come quelle presenti in Anie Energia deve quindi concentrarsi a partire da subito sullo sviluppo dei grandi filoni dell’Energy Efficiency, individuando possibilmente dei modelli applicabili in Italia ed esportabili all’estero; tra diventano centrali tematiche come le Smart Grid nell’accezione più ampia del termine (reti con generazione diffusa) e l’e-mobility.

Uno scoglio non indifferente nello sviluppo della mobilità sostenibile per esempio è l’assenza degli attori principali: i produttori di autoveicoli, che in Italia non sembrano essere particolarmente reattivi.

Il che ci riporta a un paradosso millenario: prima l’uovo o la gallina? Ovvero prima gli strumenti o le infrastrutture?

Nel prossimo futuro vedo possibile la creazione di infrastrutture ad hoc. A suffragio di questa predizione l’accordo tra gli amministratori Fulvio Conti e Paolo Scaroni per l’installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici progettate da Enel nelle stazioni di benzina Eni.

Trova che l’accordo abbia un ché di invasivo?

No, anzi sono particolarmente favorevole. Considerato anche che in altri Paesi sono già stati presi provvedimenti simili, per esempio in Francia dove la collaborazione è tra Schneider e Total.

In questo caso preferisco considerare più il valore simbolico che quello pratico. Il messaggio che credo si voglia far passare è: “Caro viaggiatore, in un futuro non molto lontano diverse tipi di veicoli convivranno abitualmente”.

Questa possibilità esiste concretamente ma sta a noi produttori di tecnologie dialogare e installare sistemi in alternata, in alto voltaggio o in continua, e questo è un obiettivo che ANIE Energia si è proposta di raggiungere anche se, tra le variabili, va considerato anche l’atteggiamento del monopolista o del semi-monopolista della distribuzione.

In quest’ottica, a mancare è sempre una controparte normativa specializzata sul macro tema della gestione della rete più che, com’è invece oggi, sulla gestione del prodotto.

L’urgenza è “Passare dalla SEN alla PEN” come ha dichiarato il nostro presidente Gemme, passare cioè dalla strategia ai fatti, e in ANIE ci sono tutte le competenza necessarie per creare una filiera attorno alle Smart City e all’Energy Efficiency.

Il concetto di Smart City poi, va ben oltre quelli che sono i nostri ambiti di manovra, soprattutto se facciamo riferimento alle città portuali dove questa politica energetica scivola verso il “shore to ship” e l’abbattimento delle emissioni inquinanti delle grosse imbarcazioni che sostano nel porto a motori accesi per garantire la piena funzionalità dei servizi di bordo. Noi siamo assolutamente disposti a fornire ai Comuni di Genova, Bari e Venezia le nostre tecnologie, ma dev’esserci una volontà anche da parte loro nell’aprirsi a nuove dinamiche e a nuovi investimenti.

Il tema dell’efficienza sta diventando centrale anche nel nostro.

È importante iniziare a misurare quelli che sono i risparmi in energy efficiency lungo la catena. Una prima decisione che un governo dovrebbe prendere è dove intende misurare questa efficienza. Un conto è metterla in capo all’utente finale, un conto è controllarla sui consumi primari di energia. Dal nostro punto di vista è molto più stimolante e motivante basarla su quest’ultimo aspetto, che significa efficientare trasmissione, generazione e distribuzione.

Ogni evoluzione tecnologica ha un impatto forte sulla normativa, che necessita del più ampio consenso da parte degli operatori.

Osservando l’evoluzione delle norme relative ai piani energetici in campo fotovoltaico e riguardanti i conti energia, è palese il crescente interesse nei confronti dell’autoconsumo; oggi si può già ipotizzare la creazione di una serie di carichi locali comprensivi di sistemi intelligenti che produzione a sistemi di stoccaggio dell’energia. Da cui un utilizzo in loco dell’energia prodotta e, previo back up, l’emissione dell’eccedente in rete. Ci sono tutti i presupposti per pensare a un mondo in corrente continua anche se una convivenza tra i sistemi in continua e in alternata è possibile.

Presidente, ANIE Energia e le competenze comprese al suo interno, sono al centro del cambiamento in atto. Per la posizione che ricopre è chiamato a rendere organica questa complessa varietà di competenze.

Il mio ruolo non va interpretato come la mera applicazione di una visione appartenente al solo comitato direttivo. Io rappresento un insieme molto più ampio: quello di tutti i 380 associati che chiedono con forza la possibilità di realizzare concretamente le loro richieste attraverso competenze e tecnologie che hanno solo bisogno di uno spazio in cui crescere.

Ci tengo a ribadire che non sono le risorse a mancare ma è un orizzonte comune all’interno del quale ci si possa evolvere. Un orizzonte che ANIE porta con forza all’interno di Confindustria, di cui si farà elemento di cambiamento ancora più trainante.

Inoltre vogliamo essere un interlocutore sempre più presente nei confronti del MISE, interlocutore privilegiato per prendere decisioni forti su temi importanti. La SEN è stata ampiamente vituperata eppure la trovo un documento di ampio respiro, che fornisce linee guida, indicazioni forti e priorità ben chiare.

Abbandonando il mio ruolo politico di presidente di ANIE Energia e indossando i panni di uno qualsiasi dei miei associati, la prima domanda che porrei è quali sono gli investimenti in programma? Quali sono i numeri legati a ciascuna delle iniziative. In quest’ottica si fa ancora più chiara l’affermazione “Passiamo dalla SEN alla PEN”, che porti a un piano esecutivo con dei finanziamenti.

Uno dei desideri espressi al suo arrivo dal presidente Gemme era l’aggregazione delle rinnovabili in Anie. Lo ritiene un progetto utopico?

Come ANIE Energia abbiamo un gruppo specifico dedicato alle energie rinnovabili, in cui a presiedere è il fotovoltaico. La nostra ambizione resta quella di allargare a tutte le fonti rinnovabili, e il nostro compito è predisporre una struttura funzionante nell’ambito delle competenze e del mercato. Il modello assunto da ANIE, che poi corrisponde a quello del GIFI, ha funzionato per alcuni aspetti in modo eccezionale; in particolare riguardo alla rapidità e alla capillarità dell’informazione, al supporto della base, all’attenzione per le istanze che la base porta e che vengono poi tramutate in comunicati o in eventi mirati a portare alla luce le criticità maggiori.

Per esempio il nostro Governo sembra orientato a imporre delle sanzioni anti-dumping o dei dazi doganali sino al 70% sui pannelli fotovoltaici importati dalla Cina, con la possibilità di renderli retroattivi sino al marzo 2013, e questo non appena a livello europeo si fosse reso evidente il problema.

Benché ANIE sia assolutamente favorevole all’idea e la difesa dell’industria europea dall’attacco sleale di competitor non europei sia doverosa, mi sembra un provvedimento inutile.

Come abbiamo sottolineato in passato, tutta l’industria fotovoltaica a causa dello spread vive sugli specchi importati dalla Cina; la differenza di costo è di 30 o 40 centesimi a watt, contro i moduli italiani da 80-85 centesimi. Sanzionare l’importazione cinese equivale quindi a soffocare quel poco d’industria restante, eliminando i ritorni d’investimento e spostando la grid parity di almeno un paio d’anni.

La domanda del mercato fotovoltaico quindi resta quella, mentre in realtà i parametri della richiesta andrebbero tarati sugli obiettivi 20-20-20, il che comporta che le aziende ripensino le proprie capacità in base a tali obiettivi.

Il nostro focus dev’essere quello di sviluppare al meglio la filiera italiana per poi esportare le nostre tecnologie e i nostri sistemi – composti da inverter, pannelli, un combiner di bassa tensione e un quadro a media tensione – all’estero.

Tornando al tema dell’efficienza, con quale strategia si sta muovendo ANIE?

Il tema dell’efficienza energetica riguarda tutta ANIE, non solo la parte Energia, ed è un ambito molto consolidato: si hanno applicazioni che vanno dalla programmazione dell’asciugatrice di casa – ambito Smart Home con contatori elettronici del gas o dell’elettricità che gestiscono la fornitura in base in base alle diverse fasce orarie e di prezzo – ad applicazioni molto più complesse.

E poi guardiamo con grande interesse all’ammodernamento di vecchi edifici e degli impianti con l’applicazione di nuove tecnologie; per esempio siamo molto preparati sugli aspetti prettamente legati alla domotica ma questo campo si lega molto di più agli aspetti strutturali e architetturali degli edifici in questione.

Risparmio energetico ed efficienza passano attraverso la combinazione di tecniche costruttive e tecnologie, a queste ultime provvediamo noi ma per quanto riguarda le prime, quelle devono essere chiare ad altri. Gli edifici a impatto zero non sono utopia!

Con l’aggiunta di impianti fotovoltaici che non saranno più di grandi taglie ma installati su piccoli centri commerciali o aree residenziali, combinando quindi sistemi di batterie a sistemi di gestione mediante relais o collegati da SCADA alla centrale operativa e di gestione.

Smart Meter e Smart Grid, qual è la sua visione?

La prospettiva di un aggiornamento delle reti e dei contatori è inevitabile, ma il passaggio va gestito in modo intelligente, utilizzando tutte le competenze italiane che abbiamo, evitando di spingerci verso politiche controproducenti come quelle dei contatori cinesi.

Lungi dal voler apparire come campanilista a ogni costo, ma trovo giusto valorizzare i propri talenti, esattamente come altri mercati hanno avuto la capacità di fare; si pensi all’automotive giapponese del dopoguerra e al mercato automobilistico ed energetico francese o a quello elettrico cinese, tutti casi in cui il normatore ha imposto durissime condizioni di mercato per proteggere direttamente o indirettamente i produttori locali.

Provvedimenti simili non possono essere eterni, ma se si ha la lungimiranza di avere una visione d’insieme del mercato da qui ai prossimi cinque anni, allora è possibile adottare misure estreme e sopportare qualche frizione con gli stati europei. Decisioni come queste vanno però prese con cognizione di causa, dai grandi committenti Saipem, Snam, Eni, Enel e Terna, sulla base di un piano condiviso per favorire a parità di condizioni l’industria italiana.

Di nuovo stiamo tornando a un problema strategico…

Gli ordini di problemi sono due: in primo luogo manca un piano di riferimento a cui attenersi, e secondariamente manca una visione d’insieme; nessuno riesce a capire verso quale direzione si stia muovendo l’industria italiana da qui a un futuro più o meno prossimo.

Se esistono delle strategie condivise, queste vanno comunicate ai vari fornitori di energia in modo che si proceda verso obiettivi univoci, favorendo, ripeto, l’industria italiana.

Se lei fosse il nuovo Ministro dell’Energia in Italia, quali provvedimenti immediati prenderebbe?

Prima di tutto stabilirei gli ambiti nei quali voglio sviluppare una filiera italiana di valore; subito dopo studierei i piani in base alle risorse a disposizione e cercherei una politica coerente con la strategia sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica.

La difficoltà data dalle risorse economiche è un alibi o si possono trovare modelli differenti per reperire le risorse necessarie?

Per alcuni aspetti credo sia una scusa ma è altrettanto chiaro che non abbiamo un bilancio solido e che i comportamenti della Pubblica Amministrazione parlano di 70 miliardi di euro non pagati alle imprese, con pagamenti scaduti da 1400 giorni. In Germania come in Polonia i pagamenti ai vincitori delle gare d’appalto per le ferrovie vengono assolti dopo 50 giorni…

Volendo poi parlare della Spagna, i cui debiti della Pubblica Amministrazione ammontavano a 27 miliardi, ha scelto di sanare in parte il debito ricorrendo alla Cassa Depositi e Prestiti locale, operazione che ha consentito la cartolarizzazione e il pagamento di alcuni insoluti.

L’Italia, a mio avviso, ha la possibilità con decreti coraggiosi e nuovi strumenti finanziari di assolvere ai debiti pregressi e sostenere gli investimenti futuri. Risparmiando sui costi della PA e della politica, si potrebbero trovare le risorse da investire poi nello sviluppo di tecnologie per l’efficienza energetica e per sanare i debiti della Pubblica Amministrazione.

Ma sono operazioni che andrebbero compiute in fretta e con una visione del futuro. L’Italia ha bisogno di una scossa e noi contribuiremo a darla. Anie Energia e la Federazione nel suo complesso rappresentano un sistema e un modo nuovo di interfacciarsi a governi e istituzioni; un sistema che può fare, orgogliosamente, da elemento trainante per tutta l’industria italiana.