Integrazione dei Sistemi di Accumulo con Impianti a Carbone

La presenza del SdA consentirebbe di offrire sul mercato una quota aggiuntiva di producibilità, altrimenti riservata al servizio di regolazione della frequenza di rete

Nel Libro Bianco sugli Accumuli si è considerata l’ipotesi di integrare un’unità termoelettrica alimentata a carbone con un SdA elettrochimico dimensionato per soddisfare l’obbligo di riserva primaria per la regolazione di frequenza imposto alle unità termoelettriche.

La presenza del SdA consentirebbe di offrire sul mercato una quota aggiuntiva di producibilità, altrimenti riservata al servizio di regolazione della frequenza di rete.

La valutazione è stata eseguita prendendo a riferimento un moderno gruppo termoelettrico di grande taglia (660 MW lordi) ed i reali dati – energia offerta e venduta, prezzo di cessione sul Mercato del Giorno Prima (MGP) – relativi ad un periodo della durata di un anno. Si è considerato un SdA avente la potenza complessiva di 10 MW e 10 MWh, ipotizzando un investimento di 12 Milioni di Euro. Si è calcolata la quantità di energia che, in aggiunta a quella effettivamente venduta, sarebbe stata prodotta e venduta nel caso in cui la riserva primaria fosse stata garantita non già da una banda di potenza paria a 1,5% della potenza nominale (limitando così la potenza massima che l’impianto è in grado di produrre) ma mediante un SdA.

Sono stati detratti gli autoconsumi e le perdite energetiche associabili al SdA. Sulla base dei dati relativi al periodo esaminato è stato calcolato un “potenziale maggiore ricavo” pari a 3,1 M€  e, considerando i citati costi marginali di produzione e quelli associati all’autoconsumo del sistema di accumulo, si determina un “potenziale maggiore guadagno” pari a 1,7 M€ .

Supponendo che i valori assunti per i calcoli possano essere ritenuti mediamente validi come riferimento anche per gli anni futuri, il potenziale maggiore guadagno associato alla soluzione prospettata (1,7 M€ /anno) sarà in grado di ripagare l’investimento necessario per l’acquisto del sistema di accumulo in 7 anni. Raggiunto tale traguardo, si suppone che le batterie impiegate – a seguito dell’adozione di una oculata strategia di gestione dello stato di carica e di un grado di utilizzo non particolarmente gravoso (scariche poco profonde e non molto frequenti) – possano ancora godere di un residuo margine di vita utile, durante il quale generare profitto.