Con lo storage cambia il modello di sviluppo

Intervista a Nicola Cosciani, presidente Gruppo Sistemi di Accumulo di Anie Energia a cura di Emanuele Martinelli (Energia Media)

Nato 18 mesi fa dall’unificazione di due gruppi presenti in Anie oggi il Gruppo Sistemi di Accumulo di Anie Energia rappresenta 17 imprese che operano secondo una visione di filiera.

Ingegner Cosciani, quali gli obiettivi che vi siete posti a breve e lungo termine?

In una prima fase abbiamo operato con l’obiettivo di alfabetizzare il settore per qualificarci nei confronti del mondo istituzionale; abbiamo usato diversi strumenti di comunicazione tra cui un Position Paper che ha messo il primo punto su una serie di questioni. La partecipazione estremamente attiva al Gruppo di tutte le aziende coinvolte ha creato da subito i presupposti per un lavoro costruttivo in grado di muoversi su più fronti: dall’aspetto tecnologico, ai sistemi di rete, fino alla normativa e agli standard tecnici.

Serviva il contributo di molteplici attori che unissero le competenze di noi produttori di batterie e quella dei produttori di inverter o dei System Integrator.

Per questo abbiamo creato una filiera italiana che attraverso rappresentatività e ampia collegialità ha consentito una larga diffusione di informazioni; ed stata inoltre in grado di dare piena comprensione alle diverse problematiche secondo un’ottica d’insieme.

Il tema dell’accumulo è dibattuto su larga scala e ha oggi una dimensione mondiale. Ci sono nazioni bravissime a far emergere le proprie istanze rispetto a logiche non dico protezionistiche ma certamente di tutela dei propri interessi. Il suo Gruppo potrà portare alle istituzioni una proposta forte per lo sviluppo del settore nel nostro Paese grazie alle imprese italiane?

Certamente! Il Gruppo che rappresento può darci informazioni qualificate su quello che succede in altri Paesi con la possibilità di agire dall’Italia in modo strategico. In Germania le leggi vengono condivise dagli operatori prima che vengano emanate; da noi si attua una sorta di meccanismo consuntivo dove non si capisce mai se le istanze delle imprese del settore vengano in effetti recepite. Creare una filiera nazionale vuol dire darle voce prioritaria pur rispettando le leggi di un mercato che è sovranazionale; ma significa cercare di indirizzare il settore verso tecnologie sviluppate nel nostro Paese se queste offrono soluzioni d’eccellenza grazie a competenze di primo piano. Noi vogliamo portare conoscenza, dalla ricerca fino alla normativa, con soggetti diversi ognuno in grado di trasferire valore.

Il tema della ricerca nel nostro Paese è spesso menzionata e molto poco supportata.

È vero, ma nonostante questo soggetti come RSE per esempio hanno consentito un grande salto in avanti; questo unito agli investimenti in R&D delle singole aziende. Il fatto che l’associazione sia ben viva ha aperto un canale privilegiato con organismi quali appunto RSE, un fatto non marginale che potrà portare grandi benefici alle nostre aziende. Con le competenze acquisite siamo oggi in grado di produrre documenti di alto livello come per esempio lo studio tecnico Residential Electrical Storage Systems del settembre scorso dove si evidenziavano i benefici dei sistemi di accumulo per il fotovoltaico.

Si tratta di un supporto importante per chi deve produrre norme che fa ben comprendere il “nuovo” rapporto tra rete elettrica nazionale e generazione diffusa.

Studio che entra anche nella parte economica suggerendo incentivi per l’inserimento di sistemi di accumulo nel 65% indicato per la riqualificazione degli edifici o dando agli edifici stessi un rating superiore grazie all’introduzione di sistemi di accumulo.

Non vi è dubbio che state portando nel comparto energetico un elemento che può – a seconda dei punti di vista – squilibrare o riequilibrare anche da un punto di vista strategico il sistema. Cosa ne pensa?

Ci siamo sentiti per diverso tempo come ospiti non invitati, provenienti da un settore che non era quello dei sistemi elettrici, senza cultura, linguaggio e movenze politiche proprie di quell’ambito. Inoltre non avevamo alle spalle le grandi multinazionali, che in genere facilitano e aprono un rapporto diretto anche con ambiti nuovi.

Ma la realtà dei fatti è questa: portiamo all’interno del sistema elettrico un “oggetto” che prima non c’era; solo 5 anni fa era difficile parlare di sistemi di accumulo di taglie così grandi perché c’erano solo tecnologie al piombo, oggi arricchite invece da quelle al litio e sodio.

Se 70 anni fa ci fossero state queste tecnologie le reti sarebbero state completamente diverse; la crescita esponenziale del fotovoltaico e dei concetti di sostenibilità in senso ampio hanno creato i presupposti per un nuovo mercato che può portare a livelli di crescita interessante.

Oggi chi fa generazione da termico comincia a studiare lo storage per abbinarlo alla turbina, che può a sua volta esser utilizzata a regimi più alti, coprendo per esempio periodi di black start. Soggetti che fino a poco tempo fa sembravano in contrapposizione diventano assolutamente sinergici.

Per questo cambio di paradigma servirebbe maggior supporto da istituzioni in grado di meglio comprendere cosa significhi fare industria nel nostro Paese. Il fatto che non vi sia un Ministero dell’Industria in grado di dare il giusto valore all’avanzamento tecnologico per esempio, frena l’evoluzione verso una politica nuova industriale. Anche per uscire da una logica da anni ’70 dove l’industria è “sporca, cattiva e sfruttatrice” e per intervenire in tempi rapidi e con concretezza sul tema occupazione.

Quali sono i rapporti del Gruppo con Terna ed Enel Distribuzione?

Si tratta di rapporti decisamente costruttivi; soprattutto con Terna che è stato il primo operatore nel mondo della trasmissione di energia che è passato da progetti dimostrativi a progetti concreti su larga scala; 240 mw di storage sulla rete più altri 70 sotto forma di prove di validazione di nuove tecnologie. In questo senso Terna ha mosso il mercato e il regolatore diventando anche per questo un riferimento nel mondo, fatto che dovrebbe esser considerato con un certo orgoglio dal Paese.

Enel invece oggi può avanzare programmi di storage per proteggere la rete e non per trasferire energie rinnovabili; quindi solo per cali di frequenza, però sta sperimentando e so che c’è molta sensibilità sul tema; anche Eni che sulla carta non dovrebbe essere così favorevole ne parla come possibile soluzione.

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